eustress e distress

Nel mondo manageriale contemporaneo, lo stress è spesso considerato un nemico da combattere. Tuttavia, questa visione unidimensionale trascura un aspetto fondamentale: non tutte le forme di stress sono dannose. La distinzione tra eustress e distress rappresenta una chiave di lettura essenziale per comprendere come la pressione professionale possa trasformarsi da ostacolo a catalizzatore di successo.

L’eustress, termine coniato dall’endocrinologo Hans Selye negli anni ’70, rappresenta la forma positiva di stress che stimola la crescita, la motivazione e il miglioramento delle prestazioni. È quello stato di tensione produttiva che spinge un manager a dare il meglio di sé durante una presentazione importante o che motiva un team leader a sviluppare soluzioni innovative di fronte a una sfida complessa.

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Il distress, al contrario, è la manifestazione negativa dello stress, quella che comunemente associamo a sensazioni di sopraffazione, ansia e diminuzione delle prestazioni. È lo stato che si verifica quando le richieste superano le nostre capacità percepite di gestirle, portando a un deterioramento sia della performance professionale che del benessere personale.

Stress, distress e eustress: definizioni e origini scientifiche

Prima di approfondire le caratteristiche distintive di eustress e distress, è importante comprendere le basi scientifiche di questi concetti. Il termine stress fu impiegato per la prima volta nel 1936 da Hans Selye, che lo definì come “risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso”.

L’etimologia del termine stress deriva dal latino “strictus”, che indica qualcosa di stretto, di compresso. Nel significato inglese, stress significa “tensione, sforzo, sollecitazione”. Per capire come questo termine sia entrato a far parte del linguaggio psicologico, dobbiamo allargare la nostra visuale al campo della metallurgia, dove stress indica la “pressione” esercitata su un metallo per testarne la resistenza.

Selye, nel 1974, ha coniato i termini di “eustress” e “distress” per distinguere tra lo stress positivo (eustress) che rappresenta una risposta adattiva che rende l’organismo in grado di interagire in modo adeguato con l’ambiente, e il distress che indica la risposta protratta per lungo tempo che assume una valenza negativa per l’organismo.

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L’eustress definizione si compone di due parti: il prefisso “eu” deriva dal greco e si traduce come “bene” o “buono”; collegato alla parola stress significa letteralmente “stress buono”. Questa distinzione non è solo terminologica, ma rappresenta una differenza fondamentale nel modo in cui il nostro organismo reagisce agli stimoli esterni.

Eustress e distress: caratteristiche distintive

Tratti distintivi dell’eustress

L’eustress si manifesta tipicamente in situazioni dove percepiamo di avere le risorse necessarie per affrontare la sfida. Per esempio, quando un manager viene promosso a una posizione di maggiore responsabilità, l’eustress può manifestarsi come un’energia positiva che spinge a sviluppare nuove competenze e a dimostrare il proprio valore.

L’eustress è, dunque, caratterizzato da:

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Tratti distintivi del distress

Il distress, al contrario del primo invece, emerge quando le pressioni lavorative superano la nostra capacità di gestione. Un esempio tipico è quello del manager che si trova a dover gestire contemporaneamente molteplici progetti critici con scadenze ravvicinate e risorse insufficienti.

Tra le principali caratteristiche del distress rientrano:

  • Sensazione di sopraffazione persistente
  • Percezione di perdita di controllo
  • Diminuzione della produttività
  • Impatto negativo sulla salute fisica e mentale
  • Difficoltà nel processo decisionale

La zona ottimale di performance

La chiave per eccellere nel ruolo manageriale (e non solo) sta nel trovare il giusto equilibrio tra eustress e distress. Esiste infatti una “zona ottimale di performance” dove il livello di stress è sufficientemente alto da stimolare la produttività e la creatività, ma non così elevato da causare sovraccarico e burnout. Questa zona ottimale varia da persona a persona e può essere influenzata da diversi fattori:

  • Esperienza professionale pregressa
  • Resilienza personale
  • Supporto dell’ambiente lavorativo
  • Strumenti e risorse disponibili
  • Equilibrio vita-lavoro

Indicatori pratici per distinguere eustress e distress

Per un manager, è essenziale sviluppare la capacità di riconoscere rapidamente se sta sperimentando eustress o distress. Alcuni indicatori chiave includono:

  • Qualità del sonno e livelli di energia
  • Capacità di mantenere il focus e la concentrazione
  • Qualità delle relazioni interpersonali
  • Efficacia nel processo decisionale
  • Resilienza di fronte alle sfide quotidiane

La consapevolezza di questi indicatori permette di intervenire tempestivamente quando il distress inizia a manifestarsi, implementando strategie correttive prima che la situazione diventi critica. Questa capacità di automonitoraggio e regolazione rappresenta una competenza indispensabile per qualsiasi leader moderno.

E’ fondamentale, dunque, sottolineare che la distinzione tra eustress e distress non è semplicemente una questione teorica, ma ha implicazioni pratiche significative per la performance manageriale e il benessere organizzativo. La capacità di riconoscere e gestire queste due forme di stress rappresenta una competenza chiave per il successo professionale nel contesto aziendale contemporaneo.

I sintomi del distress: riconoscere i segnali d’allarme

Per distinguere efficacemente tra eustress distress, è fondamentale saper riconoscere i sintomi specifici che caratterizzano lo stress negativo. La “distress psicologia” ha identificato diverse categorie di sintomi che possono manifestarsi a livello fisico, emotivo, cognitivo e comportamentale.

Sintomi fisici del distress

I sintomi fisici rappresentano spesso i primi segnali che il corpo invia quando si trova in una condizione di distress eustress sbilanciata verso la componente negativa:

  • Mal di testa ricorrenti
  • Tensioni muscolari, specialmente nelle aree del collo, delle spalle e della schiena
  • Disturbi del sonno e insonnia
  • Problemi gastrointestinali (ulcere, coliti, sindrome del colon irritabile)
  • Aumento della pressione arteriosa
  • Palpitazioni e problemi cardiovascolari
  • Compromissione del sistema immunitario con frequenti raffreddori e influenze
  • Stanchezza cronica e affaticamento

Sintomi psicologici ed emotivi

Dal punto di vista psicologico, il distress si manifesta attraverso:

  • Ansia persistente e attacchi di panico
  • Depressione e sbalzi d’umore
  • Irritabilità e aggressività
  • Sensazione di sopraffazione
  • Perdita di controllo emotivo
  • Diminuzione dell’autostima
  • Senso di isolamento sociale

Sintomi cognitivi e comportamentali

A livello cognitivo, il distress compromette:

  • Difficoltà di concentrazione
  • Problemi di memoria
  • Compromissione del processo decisionale
  • Pensiero negativo ricorrente
  • Difficoltà nella risoluzione di problemi

I sintomi comportamentali includono:

  • Procrastinazione e evitamento
  • Abuso di sostanze (alcol, fumo, droghe)
  • Disturbi del comportamento alimentare
  • Isolamento sociale
  • Aggressività nelle relazioni interpersonali

Le 5 fasi del distress cronico

Quando il distress si prolunga nel tempo, può evolvere attraverso cinque fasi distinte che rappresentano un progressivo deterioramento del benessere psicofisico:

Fase 1: stanchezza mattutina

Questa prima fase può iniziare con la necessità quotidiana di un forte sforzo per alzarsi dal letto e di una bevanda eccitante (caffè o tè) per svegliarsi. La persona continua a cercare aiuto nella caffeina durante la giornata.

Fase 2: irritabilità e ansia

Si sviluppa una crescente irritabilità accompagnata da ansia e nervosismo. La capacità di gestire situazioni ordinarie inizia a diminuire.

Fase 3: instabilità emotiva

Si soffre per la mancanza di un equilibrio emotivo stabile. L’alternanza di depressioni ed esaltazioni ingiustificate compromette l’efficienza lavorativa con risultati alterni.

Fase 4: Sintomi fisici evidenti

La quarta fase è caratterizzata dai dolori fisici attraverso i quali l’organismo suona il campanello d’allarme. Il primo sintomo è la rigidità muscolare, specialmente nelle aree del collo, delle spalle e della parte inferiore della schiena.

Fase 5: esaurimento e malattie

In questa ultima fase del distress si esce dal lungo periodo di resistenza per entrare nella variante cronica dell’esaurimento. I danni accumulati si manifestano con malattie specifiche, favorite dal progressivo indebolimento del sistema immunitario.

L’impatto neurologico e psicologico di eustress e distress

Per comprendere appieno come distress e eustress influenzano le nostre performance professionali, è essenziale esplorare i meccanismi neurologici e psicologici sottostanti. Questa comprensione non solo ci aiuta a gestire meglio lo stress, ma ci permette anche di ottimizzare il nostro potenziale professionale.

Il cervello sotto stress: due percorsi distinti

Quando parliamo di eustress e distress, stiamo effettivamente descrivendo due diverse modalità di attivazione del nostro sistema nervoso. La differenza fondamentale risiede nel modo in cui il nostro cervello interpreta e risponde agli stimoli stressanti.

La risposta neurologica all’eustress

In presenza di eustress, il cervello mantiene un equilibrio ottimale tra attivazione e controllo. Questo stato facilita la presa di decisioni strategiche e la creatività, competenze essenziali per manager e leader. I coach professionisti di Jobiri hanno osservato come i dirigenti che imparano a coltivare l’eustress mostrano un significativo miglioramento nelle loro capacità decisionali. Tra le caratteristiche distintive della risposta neurologica all’eustress rientrano:

  • Aumento controllato del cortisolo
  • Rilascio bilanciato di adrenalina e noradrenalina
  • Attivazione ottimale della corteccia prefrontale
  • Miglioramento della plasticità neuronale
  • Potenziamento delle connessioni sinaptiche

La risposta neurologica al distress

Il distress cronico può avere effetti devastanti sulla nostra architettura cerebrale, compromettendo le capacità cognitive essenziali per il successo manageriale. È qui che il supporto di un career coach esperto può fare la differenza, poichè aiuta a sviluppare strategie personalizzate per gestire efficacemente lo stress negativo. La risposta neurologica al distress è, nella maggior parte dei casi, caratterizzata da:

  • Sovrapproduzione di cortisolo
  • Iperattivazione dell’amigdala
  • Riduzione dell’attività nella corteccia prefrontale
  • Compromissione della memoria di lavoro
  • Indebolimento delle funzioni esecutive

L’impatto psicologico: oltre la neurobiologia

Gli effetti di eustress e distress non si limitano al piano neurologico, ma si estendono profondamente alla nostra psicologia, influenzando:

Il circolo virtuoso dell’eustress

L’eustress crea un ciclo di feedback positivo che rafforza la nostra resilienza e capacità di leadership. Quando affrontiamo con successo una sfida in stato di eustress, il nostro cervello registra l’esperienza come un successo, aumentando la nostra autoefficacia e preparandoci meglio per sfide future.

La spirale discendente del distress

Il distress, se non gestito, può innescare un ciclo negativo che si autoalimenta:

Riconoscere questi segnali è il primo passo per interrompere la spirale negativa.

Trasformare il distress in eustress: tecniche efficaci

La trasformazione del distress in eustress rappresenta una delle competenze più preziose per il benessere personale e professionale. Questo processo richiede un approccio sistematico e la padronanza di specifiche tecniche che permettono di modificare la nostra percezione e risposta allo stress.

Il reframing cognitivo costituisce il fondamento di questa trasformazione. Questa tecnica consiste nel modificare la cornice interpretativa attraverso cui osserviamo gli eventi stressanti. Per esempio, un importante progetto lavorativo può essere visto come una minaccia schiacciante oppure come un’opportunità di crescita e apprendimento. Il reframing non significa negare le difficoltà, ma, piuttosto, trovare prospettive alternative che permettano di accedere alle nostre risorse più costruttive.

Per applicare efficacemente il reframing, è necessario innanzitutto identificare i pensieri automatici negativi che alimentano il distress. Una volta riconosciuti, possiamo iniziare a questionarli e a cercare interpretazioni alternative più equilibrate e funzionali. Ad esempio, invece di pensare “Non ce la farò mai”, possiamo chiederci “Quali risorse ho a disposizione per affrontare questa sfida?”

Le strategie di gestione dello stress giocano un ruolo cruciale in questa trasformazione. La chiave sta nello sviluppare un approccio proattivo anziché reattivo agli eventi stressanti. Questo significa anticipare le situazioni potenzialmente stressanti e preparare in anticipo strategie di coping efficaci. La pianificazione, la suddivisione dei compiti complessi in step gestibili e la definizione di obiettivi realistici sono elementi fondamentali di questo approccio.

Il mindset e l’atteggiamento mentale rappresentano il terreno su cui si costruisce la capacità di trasformare il distress in eustress. Sviluppare un growth mindset, ovvero la convinzione che le sfide rappresentino opportunità di crescita, è essenziale. Questo atteggiamento ci permette di vedere lo stress non come un nemico da combattere, ma come un alleato che ci spinge verso il miglioramento.

Gli esercizi pratici per facilitare questa trasformazione includono tecniche di visualizzazione, dove ci si immagina di affrontare con successo situazioni stressanti e la pratica della gratitudine, che aiuta a mantenere una prospettiva positiva anche nelle difficoltà. La respirazione consapevole e la meditazione mindfulness possono aiutare a creare lo spazio mentale necessario per operare questo cambio di prospettiva.

Un altro aspetto fondamentale è l’allenamento alla resilienza attraverso l’esposizione graduale a sfide gestibili. Iniziando con piccole sfide e aumentando gradualmente la difficoltà, possiamo costruire la fiducia nelle nostre capacità di gestire lo stress in modo costruttivo.

È importante sottolineare che la trasformazione del distress in eustress non è un processo istantaneo, ma richiede pratica costante e pazienza. L’obiettivo non è eliminare completamente lo stress dalla nostra vita, cosa peraltro impossibile e non desiderabile, ma piuttosto sviluppare la capacità di utilizzarlo come fonte di energia e motivazione.

La chiave del successo sta nel creare un piano personalizzato che tenga conto delle proprie caratteristiche individuali e del proprio contesto di vita. Non tutte le tecniche funzionano allo stesso modo per tutti, ed è importante sperimentare diverse strategie per trovare quelle più efficaci per sé.

Strategie di gestione del distress: un approccio integrato al benessere

1) Tecniche di rilassamento

Il rilassamento rappresenta la prima linea di difesa nella gestione del distress. Le tecniche di rilassamento agiscono direttamente sul sistema nervoso autonomo, aiutando a ridurre la risposta di stress e ripristinando l’equilibrio psicofisico. La respirazione profonda, in particolare, costituisce uno strumento immediato e efficace: inspirazioni lente e profonde attraverso il naso, seguite da espirazioni prolungate attraverso la bocca, possono rapidamente attivare il sistema parasimpatico, responsabile del rilassamento.

La meditazione e il rilassamento muscolare progressivo offrono approcci strutturati per contrastare gli effetti del distress. Queste pratiche, se eseguite regolarmente, non solo forniscono sollievo immediato ma contribuiscono anche a costruire una maggiore resistenza allo stress nel lungo periodo.

2) Gestione del tempo

Una efficace gestione del tempo nel lavoro rappresenta un elemento cruciale nella riduzione del distress. L’organizzazione delle attività secondo priorità chiare permette di evitare il sovraccarico e la sensazione di essere sopraffatti dagli impegni. La tecnica del time-blocking, che prevede l’assegnazione di specifici blocchi di tempo a determinate attività, aiuta a mantenere il focus e ridurre la dispersione di energie.

È fondamentale includere nella pianificazione anche momenti di pausa e recupero. La tecnica del Pomodoro, che alterna periodi di lavoro concentrato a brevi pause, rappresenta un esempio efficace di come strutturare il tempo in modo sostenibile. La chiave sta nel trovare il giusto ritmo tra attività e recupero, evitando sia la procrastinazione che il sovraccarico di lavoro.

3) Supporto sociale

Il supporto sociale gioca un ruolo fondamentale nella gestione del distress. La condivisione delle preoccupazioni con persone di fiducia non solo offre sollievo emotivo ma può anche fornire prospettive alternative e soluzioni pratiche. La costruzione di una rete di supporto solida, che includa famiglia, amici e, quando necessario, professionisti, rappresenta un investimento prezioso per il benessere a lungo termine.

Il supporto sociale non si limita al sostegno emotivo: la collaborazione pratica, lo scambio di esperienze e la condivisione di risorse possono alleggerire significativamente il carico di stress. Particolarmente importante è la capacità di chiedere aiuto quando necessario, superando la tendenza all’isolamento che spesso accompagna i periodi di forte stress.

4) Attività fisica e benessere

L’attività fisica rappresenta uno strumento potente nella gestione del distress, agendo sia a livello fisico che psicologico. L’esercizio regolare stimola la produzione di endorfine, i naturali antidolorifici del corpo, e riduce i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Non è necessario impegnarsi in attività intense: anche una camminata quotidiana di 30 minuti può produrre benefici significativi.

Il benessere fisico va oltre l’esercizio e include una corretta alimentazione, un sonno adeguato e l’attenzione alla salute generale. L’adozione di uno stile di vita equilibrato contribuisce a costruire una maggiore resistenza allo stress e migliora la capacità di gestire le situazioni difficili.

Particolare attenzione va posta alla qualità del sonno, spesso compromessa in periodi di forte stress. Stabilire una routine serale regolare, limitare l’esposizione agli schermi nelle ore precedenti il riposo e creare un ambiente favorevole al sonno sono pratiche essenziali per mantenere un buon equilibrio psicofisico.

La combinazione di queste diverse strategie deve essere personalizzata in base alle proprie esigenze e preferenze. Non esiste una formula universale: la chiave sta nel sperimentare diverse approcci e costruire gradualmente un repertorio di strumenti efficaci per la gestione del proprio distress.

Eustress e distress in ambito lavorativo: implicazioni pratiche

Nel contesto lavorativo moderno, la comprensione della distinzione tra eustress e distress assume particolare rilevanza. Le organizzazioni che sanno riconoscere e coltivare l’eustress nei propri dipendenti tendono a registrare migliori performance, maggiore innovazione e livelli più elevati di soddisfazione lavorativa.

Riconoscere l’eustress sul lavoro

L’eustress in ambito lavorativo si manifesta tipicamente quando:

  • I dipendenti percepiscono le sfide come opportunità di crescita
  • Esiste un equilibrio ottimale tra competenze e richieste lavorative
  • Gli obiettivi sono chiari, raggiungibili ma stimolanti
  • È presente un supporto adeguato da parte dell’organizzazione
  • Le persone hanno controllo sulle proprie attività

Prevenire il distress organizzativo

Per prevenire il distress a livello organizzativo è importante:

  • Evitare sovraccarichi di lavoro eccessivi
  • Fornire chiarezza sui ruoli e responsabilità
  • Garantire risorse adeguate per svolgere i compiti
  • Promuovere un clima di supporto e collaborazione
  • Implementare programmi di benessere aziendale

L’importanza del significato nella gestione dello stress

Un aspetto spesso trascurato nella gestione di stress distress eustress è il ruolo del significato che attribuiamo agli eventi stressanti. La ricerca scientifica ha dimostrato che non è solo la quantità di stress a determinare se un’esperienza sarà percepita come eustress o distress, ma soprattutto il significato informazionale che gli attribuiamo.

Selye stesso ha osservato che è l’individuo a determinare se il fattore di stress diventa eustress o distress. Questa scoperta ha implicazioni profonde per la gestione pratica dello stress, poiché suggerisce che possiamo influenzare attivamente la nostra risposta agli eventi stressanti modificando il significato che gli attribuiamo.

La dimensione del significato è particolarmente importante nella specie umana, dove comportamenti complessi non possono essere spiegati unicamente dalla teleonomia biologica. Comprendere il significato personale e sociale degli eventi stressanti diventa quindi cruciale per distinguere tra le due forme di stress.

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