Le tendenze occupazionali per il 2026 in Italia

Il mercato del lavoro italiano si prepara ad affrontare il primo trimestre del 2026 con segnali di fiducia e crescita. Secondo i dati pubblicati da ManpowerGroup attraverso l’indagine MEOS (ManpowerGroup Employment Outlook Survey), la previsione netta di occupazione risulta pari a +22%, registrando un incremento di 4 punti rispetto al trimestre precedente e 3 punti in più sull’anno precedente. Questo dato rappresenta un risultato particolarmente positivo per il sistema produttivo italiano, che conferma una tendenza già rilevata negli ultimi trimestri dell’anno passato.

I settori trainanti risultano essere costruzioni, real estate, hospitality, utilities e risorse naturali. Il comparto delle costruzioni, in particolare, raggiunge un +36%, mentre il settore hospitality si attesta su un +33% e le utility toccano un +28%. Questo boom dell’edilizia comprende tutta la filiera: dagli interventi sulle infrastrutture civili, alle grandi opere pubbliche che beneficiano anche dei fondi del Pnrr come le reti ferroviarie, stradali, energetiche e digitali.

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Non è casuale che le stime del sistema informativo Excelsior (Unioncamere e Ministero del Lavoro) tra novembre 2025 e gennaio 2026 prevedano 127.900 assunzioni nell’edilizia, con un incremento di 6.100 posti rispetto all’anno precedente. Commercio e logistica riportano invece una previsione di +19%, mentre il settore pubblico/sanitario si attesta su +17%, la manifattura su +15% e il finanziario-assicurativo su +13%.

Questi dati evidenziano come il mercato del lavoro sia in una fase di espansione, spesso trainata da export e nuovi progetti aziendali. Per sostenere questa crescita, è sempre più fondamentale sviluppare un approccio di employability e occupabilità che consenta ai lavoratori di adattarsi costantemente alle richieste del mercato.

L’impatto dell’export, dell’innovazione e dei progetti aziendali sulle assunzioni

L’espansione delle imprese italiane nei mercati esteri e l’avvio di nuovi progetti rappresentano due dei principali motori delle politiche di assunzione 2026. Circa il 30% delle aziende che hanno partecipato all’indagine MEOS ha motivato le nuove assunzioni con la crescita aziendale, il 26% con l’espansione in nuovi mercati e il 24% con l’attivazione di nuovi progetti.

Un ulteriore 21% delle imprese si pone invece l’obiettivo di aumentare la diversità e l’inclusione interna, mentre per il 20% l’innovazione tecnologica genera figure professionali inedite. Questo scenario amplifica la richiesta di competenze trasversali e digitali, sia per il successo nell’inserimento che per la permanenza stabile nel mercato del lavoro.

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Secondo Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia, il sistema Italia resta solido, ma richiede investimenti costanti in formazione e nell’attrazione dei talenti, ponendo al centro sia l’automazione che il fattore umano. Il talent mismatch – la difficoltà delle imprese a trovare profili all’altezza delle richieste – rimane tuttavia una delle principali sfide, evidenziando ancora una volta l’importanza di cos’è il networking e della costruzione di una rete professionale nel sostenere la crescita occupazionale.

Le imprese che puntano maggiormente sull’export si affidano con crescente frequenza a competenze linguistiche, digitali e relazionali, dimostrate in modo particolare dalle imprese dell’automotive e dall’information technology, che segnalano una previsione di assunzione del +26%.

Geografia, dimensioni aziendali e differenze territoriali nell’occupazione

La dinamica delle assunzioni non si distribuisce omogeneamente su tutto il territorio. Il Nordest risulta il più vivace con una previsione di crescita pari a +34%, seguito da Sud e Isole (+26%) e dal Centro (+22%). Il Nordovest chiude la graduatoria con +16%.

Le dimensioni aziendali hanno un peso significativo: le microimprese (meno di 10 dipendenti) prevedono una crescita del +20%, le piccole imprese (10-49 dipendenti) si attestano sul +34%, le medie (50-249) al +27%, mentre le grandi (250-999 dipendenti) indicano un più moderato +18%. Le aziende con oltre 1.000 collaboratori presentano aspettative di crescita più contenute: +10% per quelle tra 1.000 e 5.000 unità, +12% per chi supera la soglia dei 5.000.

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Nelle regioni più dinamiche, investire nel potenziamento delle competenze rappresenta dunque un requisito chiave per accedere alle opportunità generate dall’internazionalizzazione e dai grandi progetti di innovazione. Questo trend trova riscontro anche in altre ricerche ufficiali: secondo Excelsior, per esempio, la domanda di profili specializzati in discipline tecnologiche e digitali cresce costantemente.

In questo scenario, la valorizzazione delle soft skills e il continuo aggiornamento risultano determinanti per distinguersi sul mercato rispetto ai numerosi concorrenti, specie in ambiti competitivi come la costruzione di infrastrutture, l’export e la consulenza.

Le sfide delle imprese e il mismatch delle competenze

Nonostante il clima di ottimismo, uno degli ostacoli più evidenti rimane la difficoltà nel reperire talenti. Secondo Anna Gionfriddo, è cruciale trattenere i dipendenti in azienda quanto pianificare le future assunzioni, per evitare il turn-over e ridurre il rischio di skill shortage. Questo fenomeno, ampiamente discusso da ManpowerGroup, viene definito “talent mismatch”.

Le imprese sono oggi chiamate a implementare politiche di retention efficaci, promuovendo sia lo sviluppo professionale continuo che la valorizzazione del personale attraverso la motivazione e programmi di formazione avanzati. Solo in questo modo si possono affrontare con successo le transizioni tecnologiche e prepararsi alle sfide della futura automazione.

Secondo molti esperti, non basta più pubblicare un annuncio per trovare candidati qualficati: occorre saper comunicare efficacemente attraverso molteplici canali e promuovere un ambiente lavorativo attrattivo. Proprio grazie alla diffusione di networking efficace e strumenti digitali mirati, anche le micro e piccole imprese possono ora competere con realtà di dimensioni maggiori nell’individuazione di talenti.

L’importanza di trattenere in azienda risorse qualificate e la necessità di formare costantemente il personale assumono quindi un rilievo strategico, specie in relazione al rapido sviluppo dei settori trainanti come l’export, l’edilizia e le utilities. In questo modo si garantisce competitività duratura e una risposta concreta ai cambiamenti dell’economia globale.

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