orientatori e ia

Quando hai iniziato a usare ChatGPT o Claude per la prima volta, probabilmente pensavi che fossero solo strumenti per velocizzare la creazione di curriculum o lettere di presentazione. Eppure, se sei come molti tuoi colleghi orientatori, oggi ti ritrovi a consultare questi sistemi di intelligenza artificiale anche quando devi cercare informazioni su percorsi formativi, sbocchi professionali o tendenze del mercato del lavoro. Un comportamento che fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile: perché mai abbandonare Google, lo strumento di ricerca per eccellenza, a favore di un chatbot?

La risposta a questa domanda rivela qualcosa di profondo sul modo in cui la tecnologia sta trasformando non solo i nostri strumenti, ma le nostre stesse abitudini cognitive e professionali. Una ricerca in corso condotta da Leonardo Evangelista, psicologo del lavoro ed esperto di orientamento, sta facendo emergere dinamiche sorprendenti che meritano l’attenzione degli orientatori, soprattutto di quelli che lavorano quotidianamente con candidati in cerca di orientamento scolastico o professionale.

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Il vantaggio temporale che ha cambiato tutto

Partiamo da un dato oggettivo che spesso sfugge nelle discussioni sulla tecnologia: mentre i sistemi di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT sono diventati disponibili in Italia dall’aprile 2023, Google ha iniziato a fornire risultati elaborati con intelligenza artificiale solo da maggio 2025. Questo divario temporale di oltre due anni non è un semplice dettaglio tecnico, ma ha creato un’intera generazione di professionisti dell’orientamento che ha costruito le proprie routine lavorative attorno a strumenti che Google non offriva ancora.

Durante questi due anni, mentre Google continuava a fornire elenchi di link blu, i sistemi di IA conversazionale stavano già trasformando radicalmente il modo di lavorare negli sportelli di orientamento, nei career service universitari e nei centri per l’impiego. Gli orientatori scoprivano che potevano ottenere testi di qualità professionale in pochi secondi, personalizzare contenuti per ogni singolo utente e persino ricevere suggerimenti strategici su come affrontare situazioni complesse di carriera. Quando finalmente Google ha introdotto le sue funzionalità di IA, molti professionisti avevano già consolidato abitudini difficili da modificare.

Quando l’abitudine diventa ecosistema lavorativo

Ma c’è qualcosa di ancora più interessante che sta emergendo dalla ricerca di Evangelista: l’effetto familiarizzazione. Immagina una tipica mattinata di lavoro. Apri Claude o ChatGPT per aiutare un candidato a riformulare il suo curriculum. Durante questa sessione, ti viene in mente di verificare quali sono le competenze più richieste nel settore IT. Cosa fai? La maggior parte degli orientatori, a questo punto, non apre una nuova scheda per cercare su Google, ma pone semplicemente la domanda all’IA che sta già utilizzando.

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Questa scelta, apparentemente banale, nasconde una trasformazione profonda del flusso di lavoro professionale. Ogni volta che passi da uno strumento all’altro, il tuo cervello deve compiere diverse operazioni: interrompere il contesto attuale, aprire un nuovo ambiente, riformulare mentalmente la richiesta in un formato diverso (una query di ricerca invece di una domanda conversazionale), processare risultati in un formato differente, copiare e rielaborare le informazioni, e infine tornare al contesto originale. Questo processo, ripetuto decine di volte al giorno, rappresenta un carico cognitivo significativo che l’uso continuativo dello stesso strumento elimina completamente.

Gli orientatori più esperti stanno scoprendo che i sistemi di IA non sono semplicemente strumenti per compiti specifici, ma veri e propri ambienti di lavoro integrati. Piattaforme come Claude con i suoi “Projects” o Perplexity con gli “Spazi” permettono di raggruppare tutte le interazioni relative allo stesso utente o progetto in contenitori dedicati, creando una continuità che Google non può offrire. Quando segui un utente nel suo percorso di ricerca lavoro, puoi avere uno spazio dove conservi il CV elaborato, le ricerche sui settori di interesse, le simulazioni di colloquio e le strategie di networking, tutto accessibile in modo fluido e contestualizzato.

Le tre fasi dell’evoluzione professionale

Se analizzi il tuo percorso o quello dei tuoi colleghi con i sistemi di IA, probabilmente riconoscerai una progressione naturale che la ricerca di Evangelista sta documentando. La prima fase è quella dell’adozione specifica: inizi a usare l’IA esclusivamente per compiti ben definiti, principalmente la redazione di curriculum vitae, lettere di autocandidatura e l’ottimizzazione di profili LinkedIn. In questa fase, l’IA è percepita come uno strumento di produttività, un modo per accelerare attività che altrimenti richiederebbero molto più tempo.

La seconda fase arriva quasi senza che te ne accorga: durante le sessioni di lavoro con l’IA, cominci spontaneamente a rivolgere domande che vanno oltre la semplice stesura di testi. Chiedi informazioni su percorsi formativi, verifiche su dati occupazionali, suggerimenti su strategie di ricerca lavoro. Non è una decisione pianificata, ma una conseguenza naturale dell’avere a disposizione uno strumento conversazionale già aperto e funzionante. L’estensione graduale delle funzionalità utilizzate diventa quindi organica e guidata dalle necessità concrete del momento.

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La terza fase rappresenta il consolidamento: i sistemi di IA diventano il tuo ambiente di lavoro principale per tutto ciò che riguarda l’orientamento e il career coaching. Google viene relegato a ricerche specifiche dove hai bisogno di accedere a fonti primarie precise o quando devi verificare informazioni su siti istituzionali specifici. Ma per la maggior parte delle tue attività quotidiane, l’IA conversazionale diventa il punto di partenza, il “collega virtuale” con cui ragioni, elabori strategie e produci materiali.

Qualità dei risultati: il vero banco di prova

È importante sottolineare un aspetto fondamentale che emerge dalla ricerca: la qualità dei risultati ottenuti con l’intelligenza artificiale dipende in modo determinante dalle informazioni fornite e dalla capacità di formulare prompt efficaci. Non si tratta di magia tecnologica, ma di un rapporto di collaborazione dove la tua competenza professionale come orientatore rimane centrale. Un CV generato dall’IA può essere eccellente o mediocre a seconda di quanto accuratamente hai raccolto le informazioni sul percorso del tuo utente e di quanto chiaramente hai specificato obiettivi e contesto professionale.

Questo significa che l’intelligenza artificiale non sostituisce la tua expertise, ma la amplifica. La capacità di condurre un colloquio di orientamento approfondito, di individuare competenze trasferibili, di comprendere le dinamiche del mercato del lavoro locale e di identificare le reali aspirazioni dell’utente resta interamente nelle tue mani. L’IA diventa uno strumento di traduzione: trasforma la tua analisi professionale in documenti efficaci, ricerche mirate e strategie personalizzate.

Inoltre, come ogni strumento, richiede supervisione e giudizio critico. I risultati prodotti possono necessitare di modifiche, adattamenti al contesto culturale specifico o correzioni per allinearsi a standard professionali particolari. La tua capacità di revisione e la tua conoscenza del settore rimangono insostituibili nel garantire che i materiali prodotti siano realmente efficaci e appropriati per ogni singola situazione.

Oltre la tecnologia: ripensare il tuo ruolo professionale

Questa trasformazione negli strumenti di lavoro apre una riflessione più ampia sul ruolo dell’orientatore nell’era dell’intelligenza artificiale. Se la produzione di documenti e la ricerca di informazioni diventano progressivamente automatizzate, dove risiede il tuo valore aggiunto professionale? La risposta sta proprio nella dimensione che nessuna tecnologia può replicare: la capacità di stabilire una relazione di fiducia, di cogliere bisogni non espressi, di motivare nei momenti di scoraggiamento, di leggere tra le righe delle storie professionali e personali.

L’intelligenza artificiale ti libera da compiti ripetitivi e ti permette di concentrarti su ciò che solo un professionista esperto può fare: interpretare situazioni complesse, navigare ambiguità, gestire emozioni, mediare tra aspirazioni e realtà, costruire percorsi personalizzati che tengono conto di fattori umani che nessun algoritmo può comprendere pienamente. In questo senso, l’adozione dei sistemi di IA non rappresenta una minaccia alla professione, ma un’opportunità per elevarla, spostando il focus dal “cosa produrre” al “come accompagnare” le persone nei loro percorsi di sviluppo professionale.

Uno sguardo al futuro prossimo

La ricerca di Evangelista suggerisce che siamo solo all’inizio di questa trasformazione. Man mano che nuovi operatori entrano nel campo dell’orientamento, è probabile che molti di loro salteranno completamente la fase di dipendenza da Google per le ricerche professionali, costruendo da subito le loro competenze attorno agli ecosistemi di IA. Questo creerà una generazione di orientatori con metodi di lavoro radicalmente diversi da quelli delle generazioni precedenti.

Per chi invece proviene da una pratica professionale consolidata prima dell’avvento dell’IA, la sfida è quella di rimanere aperti all’evoluzione senza perdere la solidità delle competenze fondamentali. Non si tratta di rinnegare metodi collaudati, ma di integrarli con nuove possibilità. La tua esperienza nel condurre colloqui, la tua conoscenza delle dinamiche organizzative, la tua rete professionale e la tua capacità di lettura del contesto sociale ed economico rimangono il cuore della tua professionalità. L’intelligenza artificiale è semplicemente un nuovo strumento in una cassetta degli attrezzi che continui a padroneggiare con la tua expertise.

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