
Indice dei contenuti
- Quando l’intelligenza artificiale inventa la realtà
- La potenza del confronto incrociato tra piattaforme
- L’importanza di pretendere trasparenza dalle fonti
- Costruire un metodo di lavoro solido e replicabile
- Dall’entusiasmo acritico alla competenza consapevole
- Integra Jobiri nella tua attività di orientamento
Quanto è difficile ammettere che uno strumento su cui facciamo sempre più affidamento potrebbe mentirci con la stessa disinvoltura con cui risponde alle nostre domande? Nel campo dell’orientamento professionale, dove ogni suggerimento può influenzare il percorso di carriera di una persona, questa vulnerabilità diventa un rischio concreto che non possiamo più permetterci di ignorare.
Le intelligenze artificiali generative come ChatGPT, Gemini, Claude, Copilot e Perplexity sono entrate prepotentemente nella cassetta degli attrezzi di orientatori, career coach e professionisti delle risorse umane. La loro capacità di generare contenuti articolati, pertinenti e apparentemente autorevoli su qualsiasi argomento le rende irresistibili. Eppure, proprio questa apparente onniscienza nasconde un’insidia: il fenomeno delle cosiddette “allucinazioni”, ovvero la produzione di informazioni false o non verificabili presentate con una sicurezza disarmante.
Quando l’intelligenza artificiale inventa la realtà
Il termine “allucinazioni” nel contesto dell’intelligenza artificiale generativa identifica un problema tanto serio quanto sottovalutato. Si tratta di affermazioni che suonano plausibili, sono formulate in modo impeccabile dal punto di vista linguistico, ma non corrispondono alla realtà dei fatti. Un chatbot può attribuire a un esperto di orientamento una teoria mai formulata, descrivere normative sul mercato del lavoro che non esistono, o confondere due framework professionali differenti creando un ibrido immaginario.
La radice di questo problema risiede nel funzionamento stesso dei modelli linguistici. Questi sistemi non consultano database in tempo reale (salvo quando dotati di funzionalità di browsing specifiche), ma operano attraverso predizioni probabilistiche: calcolano quale parola è più probabile che segua quella precedente in base ai pattern appresi durante l’addestramento. Quando mancano informazioni precise, il modello non ammette l’ignoranza ma completa la risposta con congetture plausibili, generando contenuti che sembrano credibili ma sono privi di fondamento.
Per i professionisti dell’orientamento, abituati a lavorare con profili individuali, percorsi formativi, dinamiche del mercato del lavoro e normative in continua evoluzione, questo rappresenta un rischio operativo significativo. Una raccomandazione basata su informazioni “allucinatorie” può portare a suggerimenti fuorvianti, valutazioni errate o, nel peggiore dei casi, danneggiare la credibilità professionale che abbiamo costruito negli anni.
La potenza del confronto incrociato tra piattaforme
La prima strategia efficace per contenere il rischio di allucinazioni consiste nell’adottare un approccio comparativo sistematico. Ogni intelligenza artificiale è stata addestrata su dataset diversi, in momenti diversi, con architetture tecniche differenti. Questa diversità, che potrebbe sembrare un limite, diventa in realtà un vantaggio quando utilizzata in modo strategico. Sottoporre la stessa domanda a due o tre modelli diversi crea un sistema di controllo reciproco naturale.
Quando le risposte convergono su punti chiave, aumenta significativamente la probabilità che l’informazione sia accurata. Al contrario, quando emergono divergenze sostanziali, riceviamo un segnale d’allerta prezioso che ci invita ad approfondire, verificare attraverso fonti esterne o rivedere criticamente l’output ricevuto.
Questo approccio genera molteplici benefici pratici. Innanzitutto, se un modello produce un’allucinazione, gli altri possono fungere da filtro correttivo, evidenziando l’anomalia attraverso la discrepanza delle risposte. Inoltre, ogni piattaforma può offrire angolature interpretative diverse sullo stesso tema, arricchendo la nostra comprensione complessiva.
Il confronto stimola inoltre un atteggiamento critico essenziale: ci abitua a non accettare passivamente la prima risposta ottenuta, spingendoci a mantenere vivo quel sano scetticismo professionale che dovrebbe sempre accompagnare l’uso di strumenti automatizzati. Infine, un’intelligenza artificiale può integrare aspetti che un’altra ha omesso o sintetizzato in modo inadeguato, offrendoci una visione più completa e sfaccettata.
Consideriamo un esempio concreto dal nostro ambito professionale. Immaginiamo di voler chiarire le differenze tra la figura del pedagogista e quella dello psicologo nel contesto italiano, una distinzione che spesso genera confusione nei nostri utenti. Sottoponendo questa domanda a più piattaforme, otteniamo risposte che, pur convergendo sugli elementi fondamentali (ambito di formazione, competenze distintive, normative di riferimento), possono enfatizzare aspetti complementari: una piattaforma potrebbe concentrarsi maggiormente sugli ambiti di intervento, un’altra sulle differenze formative, una terza sulle implicazioni deontologiche. Questa triangolazione ci consegna una comprensione più ricca, accurata e verificabile.
L’importanza di pretendere trasparenza dalle fonti
La seconda strategia fondamentale consiste nel richiedere esplicitamente alle intelligenze artificiali di documentare le proprie affermazioni attraverso la citazione di fonti. Non tutti i modelli includono riferimenti bibliografici o link di default, ma una richiesta esplicita può guidare il sistema verso una maggiore trasparenza. Questo approccio spinge il modello a elencare documenti, autori o articoli a supporto delle proprie asserzioni, a suggerire risorse attendibili per ulteriori approfondimenti, e a chiarire se la risposta si basa su conoscenze generali del modello o su dati tracciabili e verificabili.
Esiste una differenza significativa nel modo in cui le diverse piattaforme gestiscono le citazioni. Perplexity rappresenta attualmente l’unico strumento che inserisce automaticamente fonti linkate direttamente nel testo, permettendo una verifica immediata e agevole delle informazioni fornite. Con tutte le altre piattaforme, è necessario inserire nella richiesta un’esplicita indicazione di citare fonti istituzionali e aggiornate.
Per ottenere risultati ottimali, è utile formulare le richieste in modo specifico. Possiamo chiedere direttamente: “Puoi citare due o tre fonti attendibili a supporto della tua risposta?”, oppure “Indica le fonti da cui hai tratto queste informazioni, se disponibili”. Una formulazione ancora più precisa potrebbe essere: “Basati su documenti ufficiali o fonti accademiche e inserisci i riferimenti”. Questo tipo di prompt non solo migliora l’affidabilità dell’output, ma allena anche i professionisti a sviluppare un approccio più rigoroso e metodico nell’utilizzo di questi strumenti.
La richiesta sistematica di fonti produce un cambiamento culturale importante nel nostro rapporto con l’intelligenza artificiale. Ci aiuta a distinguere tra opinioni simulate e conoscenza fondata, tra sintesi automatiche e riferimenti verificabili. Questo diventa particolarmente cruciale quando trattiamo temi delicati come normative sul lavoro, requisiti formativi per specifiche professioni, o tendenze emergenti nel mercato dell’occupazione, dove l’accuratezza non è un optional ma un requisito professionale imprescindibile.
Costruire un metodo di lavoro solido e replicabile
L’integrazione di queste due strategie nella pratica quotidiana richiede un cambio di prospettiva nel modo in cui concepiamo il ruolo dell’intelligenza artificiale nel nostro lavoro. Non dobbiamo considerare questi strumenti come oracoli infallibili ma come assistenti sofisticati che necessitano di supervisione critica e verifica costante. Il valore aggiunto che possiamo offrire come professionisti dell’orientamento non risiede semplicemente nell’accesso all’informazione (sempre più disponibile e automatizzata), ma nella capacità di validarla, contestualizzarla e interpretarla in relazione alle esigenze specifiche delle persone che seguiamo.
Adottare un approccio comparativo tra diverse piattaforme e pretendere trasparenza sulle fonti non rallenta significativamente il nostro lavoro, ma ne aumenta esponenzialmente la qualità e l’affidabilità. Quando le risposte di più modelli convergono e sono supportate da riferimenti verificabili, possiamo procedere con maggiore sicurezza. Quando emergono discrepanze o mancano fonti chiare, attiviamo un necessario processo di approfondimento che ci protegge da errori potenzialmente dannosi.
Questo metodo di lavoro ci permette inoltre di educare i nostri utenti, studenti o clienti a un utilizzo più consapevole e critico dell’intelligenza artificiale. Possiamo trasformare le nostre sessioni di orientamento in opportunità per trasmettere competenze di media literacy digitale, insegnando a verificare le informazioni, a confrontare le fonti e a mantenere un sano scetticismo verso contenuti generati automaticamente. In un’epoca in cui l’accesso all’informazione è democratizzato ma la capacità di valutarne l’affidabilità rimane una competenza rara, questo rappresenta un valore aggiunto significativo della nostra professionalità.
Dall’entusiasmo acritico alla competenza consapevole
L’IA generativa non è né il nemico da demonizzare né il salvatore da venerare. È uno strumento potente che, come tutti gli strumenti, richiede competenza nell’utilizzo e consapevolezza dei limiti. Per noi professionisti dell’orientamento, questo significa sviluppare un approccio metodico che combini l’efficienza offerta da queste tecnologie con il rigore analitico della nostra expertise professionale.
Il futuro dell’orientamento professionale non sarà determinato dall’intelligenza artificiale in sé, ma dalla nostra capacità di integrarla intelligentemente nella pratica professionale, mantenendo al centro il giudizio critico, l’etica professionale e l’impegno verso l’accuratezza che definiscono la nostra identità professionale. L’allenamento a verificare, confrontare e documentare non è un peso aggiuntivo ma un investimento nella qualità del nostro lavoro e nella fiducia che i nostri utenti ripongono nelle nostre competenze.
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Job Coach e Copywriter con grande esperienza nel settore lavoro e digital, Federica ha un background umanistico combinato a competenze tecniche di career advisory, marketing e comunicazione. Esperta di carriera e nello sviluppo di contenuti per fare scelte professionali vincenti, Federica è in grado di trasformare concetti complessi in messaggi chiari e utili per vivere la propria professionalità in maniera più appagante.

